Claudio Pareto – Osvaldo Ravera
Guido
Vescovo di Acqui
1.“Padre, pastore,
patrono”
Chi sale la scala che si trova in capo alla navata
sinistra della cattedrale di Acqui Terme, giunto al livello del transetto,
trova sulla sinistra un altare sul quale troneggia un’urna funebre
preziosamente adornata, in cui si conservano i resti di un vescovo: sono le
spoglie mortali di Guido dell’Acquesana, signore di Melazzo[1], Vescovo di una delle più
antiche diocesi del Piemonte, quella di Acqui, appunto.[2]
Tutti sono concordi nel riconoscere in questo prelato
la più alta figura di Pastore della Chiesa acquese. Il suo primo biografo, il
Canonico Lorenzo Calceato, redigendo una vita di Guido 190 anni dopo la sua
morte, parlando di lui lo definisce “Padre venerabile, pastore eccellentissimo.
E patrono degno di ammirazione, da tutti degno di venerazione”.[3] Ancora oggi, per indicare l’Episcopato di
Acqui, si usa comunemente l’espressione “la cattedra di San Guido”, anche
se Guido non è stato il fondatore della
diocesi: infatti, secondo alcuni studiosi, in Acqui esiste una comunità
cristiana già nei primi secoli dopo Cristo,[4] e nel secolo IV si
diffonde e si consolida l’annuncio del Vangelo, favorito dai fiorenti scambi
commerciali tra la città termale, ormai romanizzata, e la vicina Liguria. Nel V
secolo l’organizzazione della Chiesa acquese è completa[5] e a partire da allora una
lunga serie di vescovi si succede alla guida della diocesi: Maggiorino,
Massimo, Severo, Andrea, Sedaldo, Bodone, Arnaldo, Primo Brunengo e Dudone,
per citarne solo alcuni, accompagneranno
i cristiani di Acqui nel corso di un lungo periodo storico che vede da un lato
la bufera delle invasioni barbariche e la minaccia dell’espansione islamica,
dall’altro il sorgere del monachesimo medievale e il fiorire di monasteri e di
chiese su tutto il territorio. Guido sarà vescovo della diocesi acquese dopo
ben 720 anni dalla sua fondazione.[6] Tuttavia la forte
personalità con la quale egli esercita la sua missione nella Chiesa e la grandezza
del suo operato sono all’origine di un’autentica venerazione da parte dei
fedeli, supportata dalla tradizione agiografica[7], che fa di Guido
dell’Aquesana il “Pater, pastor, patronus. Guido è il patrono, perché era
pastore; era pastore perché si dimostrò padre”.[8] “Egli ha dato una svolta
alla storia della città e diocesi, lasciando un’orma indelebile anche nei
secoli posteriori”.[9]
2.Uomo di stirpe
regale
Guido nasce dunque “Da nobilissimi e cristianissimi
genitori che dominavano in un castello della diocesi di Acqui, che aveva nome
Melazzo”.[10]
Non si hanno notizie sicure sulla famiglia e neppure sulla data di nascita; da
una serie di testimonianze scritte indirette gli storici concludono che l’unico
dato certo è la sua appartenenza alla famiglia degli Acquesana[11]; lo stesso Calceato nella
sua ricostruzione non ha a disposizione che cronache popolari o leggende sulle
origini del vescovo.[12] La famiglia di Guido pare
avesse ottenuto direttamente dall’imperatore la concessione del castello di
Melazzo, situato in posizione strategica e appartenuto in precedenza agli
Aleramo e prima ancora al Vescovo di Milano.
Molte incertezze anche sulla data di nascita:
Calceato, non potendo definirne una, inizia così il suo racconto: “Ai tempi di
Rodolfo, che un tempo fu imperatore d’Italia vi fu un uomo di stirpe regale,
lodevole per onestà e costumi, di nome Guido, la cui memoria è benedetta”[13]. Il Canonico non si
preoccupa di fornire dati storici precisi; a lui interessa mettere in luce
soprattutto la straordinarietà di questo “uomo di stirpe regale” e, nella
versione del suo lavoro che è giunta a noi, ritroviamo anche un’inesattezza,
forse imputabile a chi, qualche secolo dopo, trascrisse il testo: l’imperatore
dell’epoca, infatti, era Enrico e non Rodolfo… Poco importa!
Soltanto nel 1640 il biografo Felice Crova,
riflettendo anche sulla sua data di nomina a Vescovo che, secondo la prassi del
tempo, non poteva avvenire prima dei trent’anni, suggerisce che Guido potrebbe
aver visto la luce nell’anno 1004 dell’era cristiana.[14] Tale data viene oggi
accolta da tutti gli storici: ecco perché nel 2004 si celebra il millenario
della nascita del più prestigioso Vescovo di Acqui.
Al piccolo conte viene imposto il nome di Guido, o
Wido secondo l’accezione germanica [15], nome abbastanza diffuso
in quegli anni. Ci è giunto anche un documento recante la firma del santo: si
tratta di un atto di permuta di chiese e di beni del 1056, che il Vescovo di
Acqui (Guido è stato eletto nel 1034) sottoscrive con il nome di “Uuido”.[16]
Se è difficile ricostruirne le vicende famigliari,
tanto più è scrivere della fanciullezza di Guido, poiché mancano documenti e
testimonianze; alcuni tra i biografi che hanno scritto di lui nel corso dei
secoli si sono tuttavia sbizzarriti ad immaginarlo bambino modello che cresce
in un alone di santità. Scrive il Canonico Araldi nel 1899: “I Conti di
Acquesana…. Godevano in sentirlo balbettare i dolcissimi nomi di Gesù e di
Maria che spesso gli ripetevano all’orecchio”.[17] Nessuno può affermare che
questo non sia avvenuto, ma, assai probabilmente, non ci sono fonti certe che
possano dimostrare la veridicità del fatto; è evidente che l’intento del
Canonico non è quello di fare della storia, ma di rendere omaggio al suo “Caro
patrono San Guido… un fiore che rispecchi le sue eccelse virtù”.[18]
Anche il Canonico Giovanni Rapetti, in una biografia
più recente[19],
espone considerazioni sulla famiglia di Guido, in special modo sulla madre, ma
basa le sue affermazioni su quanto il Vescovo stesso scrive nel documento di
fondazione del monastero di Santa Maria dei Campi, dove, citando la madre, la
definisce donna “Fedelissima a Dio”.[20]
L’infanzia e la fanciullezza di Guido sono turbate da
due avversità: la morte dei genitori, rispettivamente del padre e della madre,
avvenuta, pare, quando il ragazzo era appena quattordicenne, e una “Gravissima
malattia del capo” [21] che lo debilita
fortemente. “Dio però … non abbandonò il suo Santo afflitto da sì grandi
tribolazioni”[22].
Eccolo allora, ancora ragazzo, alle prese con l’amministrazione del patrimonio
di famiglia, del castello e dei vasti poderi annessi, aiutato in queste
funzioni dal gastaldo. [23]
Al giovane Guido si prospettano due scelte di vita:
continuare nell’amministrazione dei suoi averi, o “Orientare la propria
esistenza verso i beni culturali e spirituali tendendo verso un ideale
superiore”.[24]
La prima scelta comporterebbe l’esercizio dell’arte della guerra per difendere
le proprietà da vicini malintenzionati e ingordi, la seconda presuppone un
cammino di adeguata preparazione ad una vita spesa al servizio della Chiesa,
poiché “Si sa che le grandi opere si
realizzano pienamente se preparate in modo conveniente” [25] e Guido “Ha avuto il
grande merito di prepararsi culturalmente e spiritualmente a svolgere una
missione a favore degli altri che impronterà il vivere della comunità civile e
religiosa”.[26]
3.Uomo di elevata
cultura
Per la sua formazione Guido sceglie Bologna, centro di
studi e di rinnovamento culturale, soprattutto in questo periodo: si sta
costruendo la cattedrale, la vicina abbazia di Pomposa è faro di cultura, è qui
che vive e studia il monaco Guido d’Arezzo, inventore della moderna scala
musicale; vi si respira aria di rinnovamento sia in campo letterario che
ecclesiastico, liturgico e pastorale.[27] Il giovane conte
dell’Acquesana giunge nella città emiliana
verso il 1019-1020, quando è solo un ragazzo di 15-16 anni: lo aspettano
dieci anni di studi, un lungo periodo di preparazione e di intensa attività
culturale e spirituale. “Incominciò con zelo a dedicarsi puntualmente
all’acquisizione della cultura … e trascurate le attività frivole, … si occupò
di studi più maturi e più utili”, approfondendo in particolare le “Arti
liberali”.[28]
Il canonico Calceato tratteggia brevemente la vita di Guido a Bologna; insieme
ad altri aspetti sottolinea il lento e progressivo nascere della sua vocazione:
“Fuggiva le compagnie dei cattivi, e correva alla chiesa con quotidiana
assiduità …. supplicava che colui che tutto conosce prima che avvenga si
degnasse di ispirarlo come dovesse orientare la sua vita”. [29]
A Bologna Guido non solo consolida la propria
formazione personale, ma pone le basi di futuro uomo di Chiesa: ad Acqui
metterà in atto le grandi istanze del movimento di riforma che si sta
realizzando nella sede degli studi e che conduce ad un riassetto globale della vita della Chiesa locale, con un
particolare impegno nell’istruzione e nella formazione del clero, nel
rinnovamento della preghiera e del canto liturgico.
4.Ritorno a Melazzo
All’età di 26 anni, nel 1030 circa,
Guido rientra in patria. A Melazzo rende visita alla famiglia
dell’amministratore; la moglie del gastaldo gli riserva un’accoglienza
calorosa, anche se, pur essendo stata la nutrice del giovane, in un primo momento non riconosce in lui il
signore di Acquesana. Secondo la prassi
del tempo lava i piedi all’ospite e, compiendo quel gesto, si accorge di una
cicatrice che Guido ha in una gamba; riconosce allora da questo “segno” il suo
Signore e il “Diletto figlio adottivo”.[30] Come non vedere nel
racconto il cliché delle gesta degli eroi dell’antichità che ritornano in
patria dopo lunghi anni di assenza, come non pensare all’Ulisse
dell’Odissea o ad altri eroi del Medio
Evo!
Il biografo Calceato riserva a Guido il
ritorno dei grandi, l’accoglienza degli eroi in quanto egli è “Predestinato a
diventare conforme all’immagine del Figlio suo [di Dio n.d.r.] nostro
Salvatore”.[31]
A Melazzo Guido si trova a dover
risolvere alcuni problemi nella gestione dei suoi beni: molti terreni facenti
parte della sua proprietà sono stati usurpati dai vicini; in alcuni casi essi
sono stati strappati con la violenza e il sopruso al fedele amministratore che
ha atteso il padrone per dieci anni. La cosa è abbastanza comune per un tempo,
in cui non si contano le divisioni, i saccheggi, le devastazioni, le violenze e
gli odi che sfociano anche in vendette e omicidi. Egli però non approfitta
della situazione di un vantaggio che gli offrono la posizione sociale e le
consistenti ricchezze, ma con prudenza e signorilità riesce a risolvere ogni
contesa e a riportare pace e benessere. Nell’antica Liturgia delle Ore troviamo
queste affermazioni che riguardano San Guido: “Entrato in possesso dei suoi
beni, dava sollievo ai poveri, restaurava le chiese cadenti… alle fanciulle
poste allo sbaraglio assegnava una congrua dote perché potessero sposarsi
onestamente, non si ritraeva da alcuna necessità del prossimo”.[32] Il canonico Calceato, per
sottolineare la singolarità delle virtù dimostrate dal giovane signore
nell’occuparsi dei problemi della sua gente,
aggiunge: “Conservava la pace agli uomini, essendo anch’egli Angelo di
vera pace, e per quanto rifulgesse per costumi e meriti, sempre cercò di
conservare l’umiltà, fiore delle virtù”.[33]
5.
A servizio della Chiesa
In questo periodo
Divenuto sacerdote, Guido manifesta le
sue altissime doti umane, oltre che spirituali: attira le simpatie dei
confratelli e dei fedeli, si dedica alla preghiera e all’adorazione senza
soste, frequenta la chiesa giorno e notte, si nutre della Parola di Dio,
diventa per tutti: “Come lucerna sopra un candelabro e città posta sopra un
monte … specchio di vita, esempio di religione”.[38]
6.
Pastore della
Chiesa di Acqui
Dudone muore il 15 gennaio 1033 e la
sede vescovile resta vacante per un anno e due mesi, finché nel marzo del 1034 i canonici della Chiesa di
Acqui individuano unanimemente nel giovane Conte dell’Acquesana il nuovo
Pastore della diocesi. Guido ha trent’anni e una robusta formazione culturale,
religiosa e spirituale alla spalle; nonostante la giovane età, possiede
notevoli capacità nel trattare le cose del mondo anche in situazioni difficili,
inoltre nella breve esperienza di sacerdote ha conquistato la stima del clero,
delle autorità civili[39] e l’affetto del popolo
acquese. La sua naturale umiltà lo trova restio ad accettare la nomina,[40] tuttavia non rifiuta
l’incarico, sostenuto dal grande spirito di dedizione alla Chiesa e
dall’acclamazione popolare seguita alla sua elezione.
Saranno appunto i fedeli della diocesi
acquese che accompagneranno con entusiasmo la sua ordinazione vescovile il 17
marzo 1034, terza domenica di quaresima.[41]
7.
Una Chiesa dalle antiche tradizioni
Pare dunque che il
Cristianesimo esista già nell’acquese nei primi secoli dell’era cristiana,
tuttavia secondo alcuni storici, Acqui e il territorio circostante vengono
costituiti in diocesi solo nella prima metà del 300; [42] non abbiamo molte notizie
di quel periodo, tuttavia, grazie ad alcuni documenti di grande importanza
storica, quali pergamene, lapidi e reperti archeologici vari,[43] sappiamo che tra i primi
vescovi chiamati a reggere la diocesi di Acqui il più importante è Maggiorino,
che lascia un’impronta non indifferente del suo ministero. La personalità e
l’opera di questo Pastore, che da secoli
Si ricava dai documenti
che molti di loro partecipano a concili e sinodi, incontrano i signori, i re e
gli imperatori che si susseguono sulla scena del mondo e con loro scrivono la
lunga storia della Chiesa e della società civile della diocesi acquese. Tra
mille difficoltà, lasciano sovente tracce indelebili del loro passaggio, non di
rado esempi di virtù vissute eroicamente per consegnare a noi l’eredità della
Buona Notizia portata da Cristo.
8. Il Vescovo Guido in Acqui medievale
Guido sale sulla cattedra vescovile “In
una fase cruciale di cambiamenti, destinati ad influenzare in modo profondo la
storia europea: il tramonto del sistema feudale e l’avvio dell’età dei Comuni,
il declino del monachesimo benedettino e l’emergere del nuovo ordine
cluniacense, l’affermazione della casata imperiale sassone e la lotta per le
investiture, il nuovo ciclo dei rapporti tra chiesa d’Oriente e d’Occidente
sancito dallo scisma del 1054, l’inizio dell’offensiva antiislamica della
feudalità europea”.[45]
La città di Acqui è
all’epoca un importante centro di commerci, un illustre punto di riferimento
culturale ed un prestigioso luogo di potere politico. Dopo lo splendore come
Municipio romano la città aveva conosciuto, nell’alto Medio Evo, povertà,
disordini arrecati dalle invasioni barbariche, decadenza, “La chiesa [era]
precipitata in una grave crisi, l’autorità civile [era] quasi inesistente”.[46]
All’inizio del secondo
millennio si assiste però ad un risveglio economico, ad una rifioritura
culturale e artistica e ad un rinnovamento della vita civile. Acqui segue le
sorti del resto dell’Italia: sorgono in città e nella campagna circostante
abbazie e monasteri, si costruiscono chiese e pievi, si lavora la terra con
mezzi tecnicamente più evoluti.[47]
Il borgo cittadino ha
un’estensione considerevole ed è delimitato da un lato dal monastero
benedettino di San Pietro, sorto, pare, sul luogo dove era l’antico foro romano
(l’attuale Basilica dell’Addolorata); nella parte alta la città è dominata dal
castello episcopale e dalla nuova cattedrale in costruzione, simboli del prestigio
e del potere del Vescovo.[48]
Le questioni che il
giovane Vescovo si trova a dover affrontare sono innumerevoli, dal declino
generale in cui versa la chiesa acquese, nonostante essa sia “Punto di
riferimento per l’aggregazione sociale della comunità”,[49] alla scarsa
organizzazione della diocesi, ripartita all’epoca secondo criteri poco chiari,
non omogenei e mal definiti, con pievi,
cappelle e le prime entità paragonabili alle attuali parrocchie; altra
problematica riguarda “I rapporti
gerarchici dell’episcopato con l’ordinamento pievano e parrocchiale, da un
lato, con la popolazione civile dall’altro” [50] e i rapporti con chi
detiene il potere temporale.
Negli anni degli studi a
Bologna Guido ha assistito ad un importante risveglio culturale e religioso, e
ora, pur di fronte alle grandi difficoltà che affliggono la diocesi acquese,
non cessa di sognare “Per la sua terra d’origine una comunità ecclesiale e
civile più autentica ed attiva”.[51]
9. “Una comunità ecclesiale e civile
più autentica ed attiva”
Guido compie il primo
gesto concreto per attuare il suo programma di rinnovamento donando alla
Diocesi di Acqui tutti i suoi averi con un atto ufficiale del 30 dicembre 1039,
ratificato dall’imperatore; è un atto di amore verso la sua Chiesa e un gesto
evangelico di distacco dai beni terreni per occuparsi esclusivamente del popolo
e orientarlo verso i tesori del cielo.
Seguono anni di attività
pastorale volta a riformare la comunità ecclesiale sotto il profilo spirituale.
Il Vescovo Guido valorizza la vita interiore del clero e dei monaci attraverso
la preghiera e il servizio liturgico; costituisce, tra l’altro, la comunità dei
Canonici della Cattedrale di Santa Maria (il Duomo attuale), per i quali
prevede la vita comune nella canonica adiacente; “Fu il primo, nella sua
diocesi a decretare che diaconi e preti, quando venivano ordinati, si
impegnassero a mantenere la castità”.[52] Il Canonico Calceato ci
informa che, rivolgendosi ai sacerdoti, diceva, citando la scrittura: “Desidero
che voi tutti diventiate e nel piccolo e nel grande di fronte a Dio tali, quale
io sono”.[53]
Le innovazioni
introdotte raccolgono i consensi del popolo e del clero: “In particolare la
vita in comune dei sacerdoti addetti alla cattedrale aveva suscitato consensi
ed entusiasmo”. [54]
Il nuovo Vescovo
affronta il problema del rapporto con i monasteri non opponendosi al movimento
monastico, ma incentivandolo, incoraggiando la fondazione, o la rifondazione,
di abbazie, dotando le stesse di beni e donazioni utili alla loro sussistenza.
“Guido punta molto sul fattore monastico, ritenendo il monastero, sia maschile
sia femminile, un elemento di coagulazione e di sostegno e, di sviluppo
condizionante, per non dire pilota, della compagine civile”.[55] Ecco allora la donazione
di beni al monastero di San Pietro in Acqui del 1041; del 1067 è la fondazione
del monastero femminile di Santa Maria dei Campi, di cui non rimane traccia, a
cui legherà non pochi beni per il sostentamento.[56]
10. Una vita “perfetta e degna di ogni
venerazione”
Nei 36 anni del suo episcopato il Vescovo
Guido conduce una “Vita perfetta e lodevole e degna di ogni venerazione”, come
scrive Lorenzo Calceato nella sua biografia[57] e come confermano i
biografi che successivamente scrivono di lui presentandoci il ritratto di un
uomo straordinario, avviato sulla strada della santità, dedito alla preghiera e
alla contemplazione, all’adorazione eucaristica, devoto alla Vergine, esempio
di carità zelante, sottomesso con tutta umiltà al servizio dei fedeli,
imitatore di Cristo nella perfezione evangelica, esempio di castità e “mirabile
purezza”, perfetto nell’esercizio della pietà e della “clemenza” e dotato di
tante altre virtù e qualità.[58] Vengono altresì descritti il coraggio e le
eroiche capacità del Vescovo nella conduzione degli affari temporali: “Era
riuscito ad allontanare da Acqui le devastazioni e le ruberie: aveva promosso
il risanamento della regione di Santa Caterina e della pianura di Barbato,
aveva incoraggiato e favorito l’agricoltura. Il popolo riposava sicuro sul suo
Vescovo e, mentre lo venerava qual
Santo, lo salutava ed acclamava qual Padre”.[59]
Sembrerebbe un’esaltazione enfatica del personaggio,
una descrizione dettata più dalla devozione popolare tramandatasi nei secoli
che non suggerita da precise testimonianze, nel solco di quella stessa tradizione
che “Lo vuole impegnato a procurare grano per le popolazioni colpite da gravi
carestie”[60]
e a sollevare le condizioni dei meno abbienti e dei più deboli: “A povere
fanciulle corrisponde le congrue doti, dei pupilli e delle vedove prende le
parti”.[61] Eppure, a distanza di
mille anni, grazie all’attenta analisi della documentazione che gli storici
hanno condotto, si intuisce la straordinarietà di questo uomo che rappresenta
per
Una chiesa per Acqui
- Nell’opinione comune l’attuale cattedrale di Acqui Terme (il Duomo, come
gli acquesi amano chiamare la chiesa più importante della città) è sorta ad
opera e per volere del Vescovo Guido “Al quale sono stati attribuiti progetto,
costruzione e consacrazione della chiesa”[62]. L’imponenza della figura
del Vescovo ha contribuito nel tempo alla diffusione e al consolidamento di questa convinzione.[63] Anche le immagini giunte
fino a noi [64],
come quella de medaglione dello stipite destro del portale del duomo ci
presentano il Santo nell’atto di sorreggere un edificio religioso da
identificarsi con la cattedrale di Acqui.
Gli studi successivi e le recenti
indagini archeologiche ci dicono invece che la chiesa di Santa Maria in Acqui
vede le sue origini un po’ di tempo prima dell’avvento di Guido dell’Acquesana
sulla cattedra episcopale, più precisamente all’inizio del primo millennio,
quando si ritiene opportuno dare una collocazione più importante al “Gruppo
Episcopale” realizzando un complesso presso il nucleo abitato della città
medioevale, che si era spostata dal piano verso il colle.[65] Durante l’episcopato di
Primo (989-1018), primo tra i Vescovi di Acqui ad essere sepolto presso la
nuova cattedrale, si dà inizio ad una nuova
costruzione.[66] Sotto il Vescovo Dudone
(1023-1033) viene celebrata nella nuova chiesa di Santa Maria la prima Messa di
Natale. L’avvento di Guido sulla cattedra acquese vede un incremento dei lavori
e il compimento degli stessi. Guido usa i beni ereditati dal padre per portare a termine la nuova chiesa episcopale,
poiché ritiene quella precedente insufficiente e inadeguata alla solennità del
culto come egli lo concepisce, “Perché non costruire o ampliare un edificio
capace di accogliere i cristiani,
Nel completare la nuova cattedrale ci
si ispira alle forme romaniche dell’architettura monastica fiorita sulla scia
della seconda chiesa di Cluny, elementi che si ritrovano anche nel castelletto
vescovile, nella cerchia muraria e negli edifici canonicali, adiacenti alla
nuova cattedrale. [68]
Naturalmente il Duomo di Acqui ha visto
nei secoli innumerevoli interventi di ristrutturazione, restauro, e decorazione
che ne hanno, in parte, cambiato l’aspetto originario.
Passeranno ancora molti anni prima che
il sogno di Guido si realizzi e finalmente l’11 novembre 1067, all’età di 63
anni, “Circondato dall’affetto e dalla stima del suo popolo”, il Vescovo Guido
consacra solennemente la nuova cattedrale alla presenza dei Vescovi di Genova e
di Tortona.[69]
Scriverà il Canonico Calceato: “Questa Chiesa l’uomo santo [Guido] per il
rispetto verso
11.Il Vangelo a tutte
le genti: le Pievi
L’ansia pastorale che accompagna tutto l’episcopato di
San Guido lo spinge a dare incremento e impulso alle comunità locali affinché
il Vangelo e la salvezza di Cristo giungano
a tutti i fedeli della Diocesi. Due sono i campi d’azione del nuovo
Vescovo: i monasteri e le pievi rurali.
Esistevano già monasteri importanti all’epoca e circa
metà delle chiese della diocesi era amministrata dai monaci.[71] A Spigno il monastero di
San Quintino era stato fondato nel lontano 991. Altre comunità monastiche erano
attive a Sezzadio (Santa Giustina), Bruno, Monastero Bormida (Santa Giulia) e
nella stessa Acqui i Benedettini operavano nel monastero di San Pietro.[72] Il Vescovo Guido
comprende l’importanza del ruolo dei monaci e la necessità che la loro azione
pastorale sia in sintonia con quella di tutta la diocesi; incentiva quindi la
loro opera e fonda nuove comunità per colmare lacune sul territorio.
Le Pievi erano all’epoca il punto di riferimento delle
zone periferiche, non esistendo una divisione del territorio diocesano in
parrocchie così come ai nostri giorni; le pievi dunque costituivano il luogo di
raccolta della gente (plebs, plebis) e fungevano da collegamento con il centro
diocesi. Esse esistevano già da secoli e, contrariamente alle sedi parrocchiali
dei secoli successivi, erano collocate fuori dai centri abitati in luoghi
isolati, ma strategici, non lontano dalle principali vie di comunicazione per
poter raccogliere le popolazioni dei villaggi circostanti.
Alcune tra le Pievi fiorenti ai tempi di San Guido
sono diventate oggi parrocchie, di altre non è rimasto nulla, di molte si
conservano i resti delle chiese; le Pievi di San Vigilio a Roccagrimalda, di
Sant’Anna a Montechiaro, di San Secondo a Melazzo, di San Giovanni delle Conche
a Nizza Monferrato, tutte quelle dedicate alla Vergine Maria a Caramagna,
Ponzone, Molare, Cassine e molte altre sono testimoni di una fede rifiorita
sotto la guida di un Santo Vescovo che ha saputo cogliere i segni del tempo e
dare delle risposte concrete alla sua gente.
12.La malattia e gli
ultimi anni di episcopato
Quando, nel novembre del 1067 inaugura solennemente la
nuova cattedrale, Guido è reduce da una grave malattia che lo ha portato in fin
di vita: “Poiché la virtù si realizza nell’infermità… Dio, che in modi mirabili
e nascosti guarda e visita quelli che sono a lui diletti, permise che cadesse
in una gravissima infermità del corpo, tanto che non vi era nessuna speranza di
riacquistare la salute”.[75] Non ci è dato sapere con
esattezza quale male abbia colpito il Vescovo, né in quali anni sia stato
effettivamente impedito dal male nello svolgimento delle sue funzioni; si
suppone che abbia contratto la malattia nel 1052, all’età di 48 anni, e che per
quattro anni sia stato sostituito dal fratello Opizzone, Vescovo di Lodi. Sarà
lo stesso Opizzone che reggerà la sede vacante della diocesi di Acqui alla
morte di Guido, fino all’elezione del
successore.[76]
Ritrovata la salute, Guido si appresta a compiere le
due opere più significative del suo apostolato: la fondazione del monastero di
Santa Maria dei Campi nel 1057 e dieci anni dopo la consacrazione della
cattedrale da lui portata a compimento per attendere alla preghiera e alla
meditazione sulla parola di Dio.
“Gli ultimi anni di S. Guido sono anni di silenzio e
di raccoglimento. Gesù lo vuole più vicino a sé, sulla croce che è il sigillo
della santità e il coronamento delle virtù”.[77] Sono anni in cui si
affina la sua spiritualità di uomo di Dio: “La sua pietà, la sua dolcezza, la
sua inalterata e inalterabile pazienza e la sua carità”. [78]
Sono gli anni più intensi della sua vita di Pastore;
la meticolosità e la saggezza con cui redige gli atti di fondazione del
Monastero di Santa Maria dei Campi sono un esempio di quanta luce traspaia
dalla sua persona; egli scrive “di propria mano” il documento che contiene il suo
testamento spirituale: “Ci sia in noi la volontà di compiere le opere buone, il
portarle a termine dipende dall’aiuto di Dio”.[79]
13.“Santa e lodevole
fine”
Dopo la malattia Guido rimane a capo della diocesi per
quattordici anni ancora; in tale periodo porta a compimento gli atti di
donazione di tutti i suoi beni alla Chiesa acquese “A lode e gloria di Dio e
della intemerata Vergine Madre di Lui”.[80]
“Avvicinandosi la fine della battaglia, il beato Guido
ricevette con gioia la corona della giustizia posta su di lui e dopo diuturne
fatiche ,… entrò nella gioia del suo Signore”.[81]
Guido si spegne mercoledì 2 giugno 1070, all’età di 66
anni, a distanza di poco più di 36 anni dalla sua elezione a Vescovo. Non
sappiamo altro circa gli ultimi giorni della sua vita.
Il suo corpo viene sepolto nell’arca di marmo che oggi
è conservata nella cripta della cattedrale di Acqui.[82]
Il Canonico Rapetti nella sua biografia del Vescovo,
si sofferma a descrivere lo stato d’animo della gente alla notizia della morte:
“E’ morto un Santo! Grida il popolo e invece di un funerale gli prepara un
trionfo. Guido è potente nel cielo e non ha abbandonato i suoi…. Gli Acquesi hanno perduto un Vescovo sulla
terra, ma hanno acquistato un Patrono taumaturgo nel cielo”.[83] Inizia così da subito la
fama di uomo santo che compie prodigi e alla sua tomba accorrono le genti.
14.All’onore degli
altari
Nei quasi dieci secoli che ci separano dalla sua
morte, la figura del Vescovo Guido, la risonanza delle sue opere e la sua alta
spiritualità hanno mantenuto vivo presso i fedeli il culto della sua persona. A
190 anni dalla morte il Canonico Calceato, spinto a scrivere la biografia del
Vescovo dalla popolarità che Guido ha mantenuto nel tempo, afferma: “Quest’uomo
santo e beato… risplende per la glorificazione della potenza divina per
mirabili miracoli. Porta rimedi infatti ai ciechi [che si avvicinano] al suo
sacro sepolcro, ai sordi, agli zoppi, ai prigionieri, ai tribolati e porta
soccorso a tutte le malattie, necessità e pericoli”.[84]
Il Vescovo Guido diventa ben presto patrono della
comunità acquese; nel corso dei secoli il popolo si raduna sovente in preghiera attorno alla salma che
viene gelosamente custodita nella cattedrale, dapprima nella cripta, in seguito
in altre parti della chiesa, fino alla sistemazione attuale che risale al 1665.
L’urna che oggi racchiude i resti di San Guido è datata 1934.[85]
Guido è da subito considerato patrono della città di
Acqui: ce lo conferma la più antica immagine che raffigura il Vescovo nell’atto
di sorreggere la città con il palmo della mano destra, rappresentazione tipica
dei santi protettori della città.[86]
15.San Guido nei secoli
L’anniversario della morte di San Guido viene
celebrato in città e nella diocesi fin dalle origini e il suo nome è iscritto
nel martirologio della Chiesa acquese, come è attestato nei Dittici della
cattedrale.[87]
Nel corso dei secoli il culto si conserva e si
rinnova. Nel 1853 il Vescovo di Acqui, Modesto Contratto, chiede che venga
riconosciuto il culto reso al suo illustre predecessore, da tutti considerato
Santo. Il municipio stesso chiede che la memoria del Santo venga spostata dal 2
giugno, anniversario della morte, alla seconda domenica di luglio, per favorire
la partecipazione dei fedeli che in giugno sono impegnati in importanti lavori
nelle campagne.[88]
Viene inviato alla Santa Congregazione dei Riti un
fascicolo contenente indagini storiche, archivistiche, archeologiche e
iconografiche sul Santo. Il 22 settembre 1853, su segnalazione della Santa
Congregazione, il Papa Pio IX riconosce ufficialmente il culto a San Guido
Vescovo di Acqui, Santo Patrono della città e della diocesi.[89]
16.San Guido oggi
Sono passati mille anni da quel lontano anno del
Signore
Fondare un monastero, costruire una cattedrale, donare
tutti i propri averi alla Chiesa che valore avrebbe se non ci fosse alla base
una vita piena di un Dio che guida il passo degli uomini sulle vie della
storia?
Gli sforzi per riorganizzare una diocesi, rinvigorire
la fede del popolo, dare una risposta ai problemi dei più poveri, dialogare con
i potenti del tempo che significato
rivestirebbero se non si sentisse la presenza del Signore che conduce
l’esistenza dei “piccoli” e quella dei “grandi”? Dei “piccoli” svanisce sovente
la memoria presso gli uomini, non presso Dio, i “grandi” rimangono sulle pagine
del tempo perché siano di esempio a chi sta ancora camminando.
Guido è forse il giovane ricco del Vangelo che,
incontrando un giorno il Cristo, chiede: “Maestro buono, che cosa devo fare per
avere la vita eterna?”[90] All’esortazione di Gesù
che lo invita a donare i suoi beni ai poveri, il giovane se ne va via triste;
Guido invece risponde alla chiamata offrendo i suoi averi e tutto se stesso per
seguire il suo Maestro.
A lui va il grande merito di aver richiamato la sua
gente sulle vie del Signore, proponendo una vita di preghiera, di fedeltà alla
propria vocazione, di corresponsabilità come laici nella vita della Chiesa.
Egli incarna l’ideale di liberatore del suo popolo,
poiché interviene con la sua opera in un momento buio della storia della Chiesa
portando una ventata di freschezza evangelica.
Guido richiama i suoi contemporanei, ma anche noi
oggi, a riflettere sull’azione di Dio
nella storia dell’umanità e trova le risposte agli interrogativi del suo tempo
nel messaggio del Vangelo che continua a interpellarci a distanza di duemila
anni.
“Ci sia in noi la volontà di compiere le opere buone,
il portarle a termine dipende dall’aiuto di Dio”[91]
Per chi vuole
approfondire
Il breve elenco che segue non è una bibliografia su
San Guido, per questo si rimanda ad opere specifiche e più approfondite; si
tratta soltanto di alcuni titoli relativi ai più recenti studi sul Santo e alle
pubblicazioni accessibili a chiunque e facilmente reperibili presso le
librerie.
1.
Teresio Gaino
Il Vescovo Guido in Acqui Medievale
Edizioni Impressioni grafiche – Acqui Terme 2003
2. Il tempo di S. Guido Vescovo e signore di
Acqui
A cura dell’
Archivio Vescovile di Acqui e di Aquesana
Edizioni Impressioni grafiche – Acqui Terme 2003
3.
Giovanni
Castelli
Il Santo Vescovo
Guido d’Acqui nella vita del primo biografo
Genova - Acqui 2001
[1] Piccolo paese appenninico di poco più di mille abitanti, situato nella valle dell’Erro, il torrente che scende dall’Appennino ligure e alimenta il fiume Bormida. Il borgo conserva ancora oggi un castello della cui esistenza si ha notizia già nel primo millennio dell’era cristiana, quando apparteneva al Vescovo di Milano.
[2] Una lapide cristiana risalente all’anno 432, è stata trovata in Acqui, presso il cimitero di San Pietro. Il cimelio, custodito nel museo civico della città termale, sembra essere il più antico reperto cristiano del Piemonte. (cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale – Acqui Terme 1984 , pag. 21. Del libro è stata recentemente pubblicata una nuova edizione, tuttavia, al momento della redazione di questa biografia, il volume non era ancora disponibile, si cita quindi l’edizione precedente)
[3] Lorenzo Calceato – Vita del Beato Guido, Vescovo di Acqui – Traduzione di Giovanni Castelli in Il Santo Vescovo Guido d’Acqui – Genova – Acqui 2001, pag. 69
[4] Il Vescovo San Maggiorino nell’antica Chiesa di Acqui – A cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano – Acqui Terme 1975, pag. 7
[5] T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 23
[6] cfr. P. Ravera – I vescovi della Chiesa di Acqui dalle origini al XX secolo – Acqui Terme 1997
M. Benevolo – Vescovi e diocesi di Acqui dal IX all’XI secolo – Tesi di laurea – Università di Torino 1972-73
Il Vescovo San
Maggiorino nell’antica Chiesa di Acqui, cit.
E. Basso – San Guido e i suoi predecessori nel dittico acquese – in: Il tempo di S. Guido Vescovo e signore di Acqui (Atti del convegno di studi, Acqui Terme 9 - 10 settembre 1995), a cura dell’Archivio Vescovile di Acqui e di Aquesana - Editrice Impressioni Grafiche – Acqui Terme 2003. Al momento della redazione di questa biografia si sono però consultate le bozze elettroniche del testo messe a disposizione dell’Archivio Vescovile di Acqui in quanto il libro non era ancora stato dato alle stampe. Poiché nelle bozze non figurava una numerazione delle pagine, si citerà semplicemente “Il tempo di S. Guido Vescovo e signore di Acqui”
[7] Cfr. Reginald Gregoire – L’antica
agiografia del Vescovo Guido di Acqui – in: “Il tempo di San Guido Vescovo
e Signore di Acqui” – cit.
[8] Reginald Gregoire, cit.
[9] T. Gaino – Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui – in Il Santo Vescovo Guido d’Acqui – Genova – Acqui 2001, Appendice II, pag. 41
[10] Lorenzo Calceato – Vita del Beato Guido…, cit. - Traduzione di Giovanni Castelli, cit., pag. 76
[11] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit. pag. 48
[12]
Sulle difficoltà nello studiare la storia degli antenati di San Guido si veda:
Aldo A. Settia – L’Imperatore nella foresta. San Guido, gli Aleramici e
Iacopo d’Acqui - in: “Il
tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[13] Lorenzo Calceato, cit. pag. 75
[14]
cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit. pag. 51
G. Crova – Vita
di San Guido – Manoscritto del
[15] cfr. G. Pistarino – Il tempo storico di San Guido – in in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[16] Il documento è conservato presso
[17] G. Airaldi – Vita di San Guido – Milano 1899 – pag. 8
[18] G. Airaldi, cit., pag. 3, introduzione e dedica al Vescovo di Acqui
[19] G. Rapetti – San Guido Vescovo e Patrono della Diocesi di Acqui – Alessandria 1945
[20] G Rapetti, cit. pag. 9 e 10
[21] L. Calceato, cit. pag. 77
[22] L. Calceato, cit. pag. 77
[23] Nel Medio Evo così si chiamava l’amministratore dei beni del re o del conte (cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit. pag. 56)
[24] T. Gaino – Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui, cit., pag. 42
[25] ibid. pag. 41
[26] ibid. pag. 41
[27] T. Gaino – Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui, cit. pag. 42-44
[28] L. Calceato, cit. pag. 78
[29] L. Calceato, cit. pag. 79
[30] L. Calceato, cit. pag. 81
[31] L. Calceato, cit. pag. 83
[32] Riportato da T. Gaino in Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 71
[33] L. Calceato, cit. pag. 83
[34] Dudone, detto anche Pietro. Diacono della Chiesa di Pavia , resse la diocesi di Acqui per circa 10 anni dal 1023 fino al gennaio del 1033.
cfr. P. Ravera, cit.
Ed anche:
- Il Vescovo San Maggiorino nell’antica chiesa di Acqui – a cura della Commissione Liturgica Diocesana – Acqui Terme 1975 – pag. 57
-
E. Basso, cit.
[35] G. Rapetti – San Guido Vescovo e Patrono della Diocesi di Acqui, cit. pag. 19
[36] ibid., pag. 19
[37]
cfr. E. Basso, cit.; Santa Maria è l’attuale cattedrale, San Pietro è
[38] L. Calceato, cit. pag. 84
[39] Com’è noto in questo periodo i Vescovi della Longobardia sono legati all’imperatore “Per l’esercizio della giurisdizione temporale”
R. Pavoni – San Guido: un vescovo e una città
durante la riforma – in:
“Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[40] L. Calceato, cit. pag. 84
[41] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit. pag. 80
[42] cfr. E. Basso, cit.; e anche V.L. Valcalda in Il Vescovo San Maggiorino nell’antica chiesa di Acqui, cit., pag. 54
[43] Si veda lo studio: in Il Vescovo San Maggiorino nell’antica chiesa di Acqui, cit.
[44]
Tra gli altri vedasi A. Arata – I monasteri e la città di San Guido:
presenza monastica e sviluppo insediativo e sociale – in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore
di Acqui”, cit.
[45] Il tempo di S. Guido
Vescovo e signore di Acqui, cit., scheda di presentazione
[46] T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit. pag. 36
[47] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., cap. 1, par. 3
[48] cfr. A. Arata, cit, nota 20
[49] G. Pistarino – Il tempo storico di San Guido - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[50]
G. Pistarino – Il tempo storico di San Guido - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di
Acqui”, cit.
[51] T. Gaino – Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui, cit. pag. 44
[52]
R. Pavoni – San Guido: un Vescovo e una città durante
[53] L. Calceato, cit. pag. 92
[54] T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 95
[55] G. Pistarino – Il tempo storico di San Guido - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[56] T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag.93-103
[57] L. Calceato, cit. pag. 85
[58] cfr. L. Calceato, cit.; G Rapetti, cit.; G. Airaldi, cit.
[59] G. Rapetti, cit. pag. 36
[60] Notizie su San Guido in: www.diocesiacqui.piemonte.it.guido.htm
[61] G. Airaldi, cit., pag. 22
[62] cfr. A. Crosetto – Indagini archeologiche nella cripta della Cattedrale di Acqui Terme - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[63] Vedi anche L. Calceato, cit. pag. 90-91
[64]
cfr. G.L. Rapetti Bovio della Torre – G. Rebora – L’iconografia di San Guido
- in: “Il tempo di San
Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[65] cfr. A. Crosetto, cit.
[66] cfr. A. Crosetto, cit.
[67] T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 104
[68] G. Rebora – Il Duomo e la città nel Mille: ipotesi restitutive di strutture e rapporti spaziali - Terme - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[69] cfr. A. Crosetto, cit.; T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 106
[70] L. Calceato, cit. pag. 91
[71] G. Rapetti, cit. pag. 29-30
[72]
M.C. Meoli – S. Nagarville – Pievi e monasteri romanici dell’Acquese - in: “Il tempo di San Guido Vescovo
e Signore di Acqui”, cit.
[73] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 140
[74] Riportato da T. Gaino in: Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui, cit., pag. 46-47
[75] L. Calceato, cit. pag. 92
[76] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 120-121
[77] G. Rapetti, cit. pag. 46
[78] G. Rapetti, cit. pag. 47
[79] Riportato da T. Gaino in: Il Vescovo Guido dallo “studium” di Bologna alla guida della Chiesa di Acqui, cit., pag. 48
[80] L. Calceato, cit. pag. 94
[81] L. Calceato, cit. pag. 95
[82] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 124
[83] G. Rapetti, cit. pag. 48
[84] L. Calceato, cit. pag. 96
[85] cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 148-149
[86] Si tratta di una raffigurazione di San Guido scolpita su di una lastra di marmo attualmente inserita nella facciata della foresteria che unisce il palazzo vescovile alla canonica. Cfr. G.L. Rapetti Bovio della Torre – G. Rebora – L’iconografia di San Guido - in: “Il tempo di San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[87] I Dittici sono due tavolette sopra le quali si scriveva il nome del Vescovo diocesano, del Papa e di alcuni altri viventi e defunti, allo scopo di ricordarli nella celebrazione della Santa Messa. Sono documenti molto importanti perché accanto ai nomi vengono riportati i dati circa gli anni di episcopato e le opere compiute dai vari Pastori. I dittici della Cattedrale di Acqui sono giunti a noi nella trascrizione che ne fece il Vescovo Gregorio Pedroca nel XVII secolo.
Cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 194-196
T. Gaino – San Guido nel
culto - in: “Il tempo di
San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[88] Cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 163
[89] Cfr. T. Gaino – Il Vescovo Guido in Acqui Medioevale, cit., pag. 164
T. Gaino – San Guido nel
culto - in: “Il tempo di
San Guido Vescovo e Signore di Acqui”, cit.
[90] Marco 10,20
[91] San Guido, Vescovo di Acqui. Atto di fondazione del Monastero di Santa Maria dei Campi, 1057